mercoledì 22 aprile 2015

Gli squilibri neanche tanto nascosti della lingua italiana

In un articolo su lavoce.info Marcello Esposito espone brevemente ma anche chiaramente la situazione degli squilibri di bilancia dei pagamenti nell'eurozona. Nulla di nuovo. Chi segue le problematiche dell'unione monetaria sa da tempo che la crisi dell'eurozona nasce dagli squilibri di bilancia di pagamenti. Chi legge Bagnai e altri economisti seri queste cose le sa da tempo. Il buon Esposito ce le racconta ora nel 2015. Vabbè... meglio tardi che mai. E poi Esposito non è mica uno qualsiasi, eh! Insegna International Financial Markets presso l'Università Cattaneo di Castellanza. Dal 1990 al 2000 è stato economista presso l'Ufficio Studi della Banca Commerciale Italiana (ora Intesa Sanpaolo), dove è stato responsabile della Financial Markets Research. Successivamente, ha svolto diversi incarichi nelle principali SGR italiane (Sanpaolo AM e Pioneer Investments), in Banca Patrimoni Sella e in UnipolSAI. Ha scritto articoli pubblicati su riviste internazionali. E’ laureato in Università Bocconi (DES) e ha conseguito il MSc/MPhil in Economics presso la London School of Economics. ME COJONI!
Eppure il buon Marcello da buon italiano ha uno squilibrio che, forse, è anche peggio degli squilibri target2. Lo squilibrio della lingua italiana. Diciamo che ha un surplus di condizionale e un deficit di congiuntivo.

"Quale soluzione? Se i negoziati tra Grecia e Europa dovrebbero protrarsi per molti mesi ancora, forse bisognerebbe ricorrere a misure di controllo dei capitali, come ha d’altro canto recentemente sostenuto il presidente dell’Eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem."





AGGIORNAMENTO DELLE ORE 15.14... Il buon Marcello ha corretto la frase riequilibrando la sua bilancia grammaticale (io comunque lo screenshot del surplus di condizionale l'ho pubblicato)...

lunedì 14 ottobre 2013

Questione di seni enormi

Non so se qualcuno conosce Debora (credo senza H, o forse con H aspirata finale, boh non ricordo, devo andare a controllare su facebook...)
Beh, qualcuno Deborah (con l'H, ho controllato su facebook) la conosce senz'altro. Si, insomma, non è che in Italia ci sia solo una Debora (con o senza H poco importa).
Io conoscevo una Deborah che aveva la quinta di seno. Già così il cerchio si stringe. Quanti conoscono una Deborah con una quinta di seno? Era Toscana e veniva di tanto in tanto a passare un po' di giorni in vacanza dalla zia a Roma. Ecco... Debora con quinta di seno, toscana che passava le vacanze a Roma. E la cosa particolare è che la zia era mia vicina di casa. Qualcosa di più di una vicina di casa, una amica per mia madre. Insomma, non fu difficile diventare amici.
Io la vidi la prima volta che avevo 9 anni e lei ne aveva 10. All'epoca non aveva le tettone e per me era una simpatica compagna di giochi.
Poi la rividi che aveva 12 anni e già aveva due belle bocce anche  se ancora non arrivava alla quinta, e io ero poco più di un ragazzino.
Il massimo fu a 15 anni (lei, io 14). Era all'apice dello splendore della bocciofila. Dei seni enormi su un corpo neanche grasso. Sarà stata sul metro e sessantacinque e stava sicuramente sotto i 60 chili.
Inutile stare a dire che cosa abbiano rappresentato per me, ragazzo, adolescente con il testosterone galoppante, quei due seni. Tra l'altro, io due bocce come quelle non le ho più trovate. L'estate dell'83 la ricordo per due fatti straordinari. Lo scudetto della Roma e le tette di Deborah.
Purtroppo dopo quella meravigliosa estate non ci siamo più rivisti. La zia vicina di casa si trasferì a Milano e non ci vedemmo più.
Fino a qulche giorno fa. Magia dei social network. Mi sono ritrovato una richiesta di amicizia di Deborah su facebook. Mi è preso un colpo.
Abbiamo chattato un po' ci siamo raccontati i nostri ultimi trent'anni. Ho visto le sue foto. E, guardando le foto al mare in costume, con mio grande rammarico, ho notato che il seno non era come me lo ricordavo. Per un momento ho pensato che la memoria fa brutti scherzi e che magari quello che a 14 anni mi sembrava un seno di dimensioni mondiali in realtà era un normalissimo seno. Una seconda o forse una terza. Sono rimasto a guardare le foto alcuni minuti. Mi chiedevo come fosse possibile che avevo un ricordo così sballato. Alla fine non ho potuto fare a meno di chiedere a lei se ricordavo così male le dimensioni del suo seno. In reltà non ricordavo affatto male. Mi ha spiegato che sia per motivi psicologici  ("omini di tutte le età ti guardano sbavando da veri pervertiti, ragazzi che fanno continue battute...), sia per motivi fisici ("problemi alla schiena") ha deciso a 18 anni di ridursi il seno.
Sono rimasto stupito. Però in fondo mi sono sentito anche un po' privilegiato. In fondo non so quanti altri avranno goduto della quinta di seno di Deborah.



venerdì 13 settembre 2013

La scorsa notte ho fatto un sogno (II)

La scorsa notte mi è apparso in sogno Richard Wright. Ero a letto e ad un tratto le luci delle due abat jour sui comodini hanno iniziato a lampeggiare. Avevo gli occhi spalancati e fissavo Richard atterrito. Ma mi sono subito tranquillizzato quando ha sorriso. Il suo solito sorriso sornione. Allora ho sorriso anche io. Poi ha detto:
- Sai che Syd ha fatto gli spaghetti aglio e olio? Ma forse aveva messo troppo peperoncino...


martedì 10 settembre 2013

Ricordo bene quella sera

Ricordo bene quando quella sera stavo per chiudere l'ufficio. Avevo già spento tutti i computer. Nell'edificio ormai ero rimasto io, la guardia giurata all'entrata e i ragazzi della sala operativa in funzione acca ventiquattro. Stavo tirando fuori la chiave per chiudere. Quando sentii squillare il telefono. Dal suono capii che era una telefonata "interna". Erano già la sette e mezza, ma non avevo fretta. E poi pensai che sicuramente se si trattava di qualcosa di importante mi avrebbero comunque cercato anche sul cellulare, che, sebbene non fosse di servizio, era a disposizione di tutti. Quindi decisi di alzare la cornetta. Naturalmente, come mi aspettavo, a quell'ora non poteva che essere una grana. Il cretino del venerdì sera che manifesta il proprio disagio tentando di darsi fuoco sotto l'ufficio del sindaco. Mi faccio dare i dati dal vigile che sta trattando con lo squilibrato e contatto quelli dell'emergenza sociale. Si tratta di un caso ben noto e già presente nel loro data base. Reclama una casa. Sono in molti che lo fanno di questi tempi. Solo che lui la vuole al centro. Vista Colosseo. Ogni altro tipo di sistemazione alternativa proposta viene rifiutata. Mandiamo una macchina della sala operativa. Non impiegano molto ad arrivare e trattano col soggetto. Incredibilmente gli operatori riescono per questa volta a convincere il tipo ad accettare un'accoglienza temporanea in un nostro centro, in attesa di una sistemazione migliore. Erano le sette e trenta quando stavo per andarmene. In fondo la grana mi aveva portato via solo una mezzoretta. Alle otto e cinque riuscii a partire con la macchina dal parcheggio sotto l'ufficio.

In macchina accesi la radio, sintonizzandola sul solito programma di chiacchiere politiche sul canale della confindustria. Il conduttore è bravo, a volte è un po' sprezzante con gli ascoltatori che chiamano e che parlano di cose che non gli vanno a genio. E' sicuramente migliore del concorrente che va in onda allo stesso orario sul canale della Rai. Ad un tratto iniziano a parlare dei dipendenti pubblici e degli "scandalosi" aumenti di stipendio che hanno avuto negli ultimi anni. Sono quasi le venti e quindici. Sono stanco. Sono più di dodici ore che sono fuori di casa. Non ce la faccio ad ascoltare questi attacchi che ritengo ingiustificati. Mi fermo e compongo il numero verde. Con mio stupore, riesco subito a prendere la linea e mi risponde una gentile signorina che fa da filtro e che mi chiede di cosa volevo parlare e mi dice che mi avrebbero richiamato loro. Lascio i miei dati e attacco.  "Tanto non mi richiamano", pensai e ripartii. E invece dopo qualche minuto squilla il cellulare. Mi accosto nuovamente. Rispondo. La gentile signorina mi dice che entro pochi secondi sarei andato in diretta.
"Marco da Roma", dice il bravo conduttore. "Buonasera", faccio io (e per fortuna non mi esce complimenti per la trasmissione)
"Di cosa ci vuole parlare?"
"Be' ho sentito che discutevate degli aumenti negli ultimi anni dei dipendenti pubblici, volevo dire che il mio stipendio base era di 1000 Euro dieci anni fa e che ora con anche gli scatti delle progressioni orizzontali..."
"Si Marco ...non usi termini tecnici... dica ciò che ha da dire in fretta; d'altronde gli aumenti degli statali sono un fatto!"
"Non so se sono un fatto volevo dire però che la mia attuale busta paga per quel che riguarda lo stipendio base è di 1200 Euro, quindi un aumento del 20% in dieci anni, non mi sembra un aumento scandaloso, soprattutto se si considera, come stavo dicendo. le progressioni orizzontali..."
"Ancora? Vabbè signor Marco io non conosco la sua busta paga e non la voglio conoscere, non mi interessano le progressioni orizzontali, verticali o oblique che siano, comunque i dati dicono che le buste paga degli statali sono aumentate vertiginosamente negli ultimi anni, comunque buonasera, passiamo oltre... Francesco da Brescia..."

Rimango basito e mi rendo conto di aver fatto la figura del cretino a dimensione nazionale. Rimetto in moto e cambio stazione. Per quella sera ne avevo abbastanza. Meglio un po' di musica su Radio Rock.
Ero ormai ad un paio di chilometri da casa quando tanto per chiudere in bellezza il venerdì sera foro un pneumatico. Perdo un altro quarto d'ora per cambiare la gomma. Faccio per ripartire ma mi accorgo che anche un'altra gomma ha un problema. Mi rifermo, scendo e mi accorgo che ho un'altra gomma a terra. A quel punto mi è scappato un "Porca Troia!" a voce alta senza che nessuno mi potesse sentire perchè la strada era vuota. Decisi di lasciare la macchina e farmela a piedi fino a casa. Presi la borsa appoggiata sul sedile posteriore e mi avviai.

Mi stavo avvicinando a casa quando scorsi in lontanza una figura femminile davanti al mio portone. Era lontana ma percepii che stava suonando al citofono. Malgrado la mia leggera miopia mi sembrò di intuire che si trattava di Gloria. Era molto tempo che non la vedevo e neanche sentivo per la verità, mi chiesi cosa stesse facendo sotto casa mia. Ma non feci neanche in tempo a riflettere sul da farsi che vidi Gloria allontanarsi dal portone e salire in macchina.
Iniziai a correre lungo il viale alberato, ma la macchina si dileguò in fretta. Continuai a correre, entrai nel portone e salii due piani di scale salendo i gradini due a due. Entrai dentro casa e mi precipitai verso la libreria dove tenevo un vecchio cellulare con una vecchia sim che utilizzavo solo di tanto in tanto quando non volevo essere rintracciato. Su quella sim conservavo anche il numero di Gloria. Lo accesi. Arrivarono dei messaggi: Gente che aveva tentato di contattarmi al mio vecchio numero, ma non c'era traccia di alcuna chiamata di Gloria.

Mi gettai sul divano. Ero stanco morto. Ripensai a quella fine di giornata. Al pazzo che si voleva dare fuoco; alla mia telefonata idiota a quella trasmissione altrettanto idiota; alle gomme bucate. Alla corsa lungo il viale che mi portava a casa. E a Gloria che non vedevo da una vita. Una serie di sfortunate circostanze ad incastro avevano ritardato il mio rientro. Mi chiedevo perchè fosse venuta a cercarmi. Forse dovevo chiamarla. O forse no. Forse dovevo aspettare che mi chiamasse lei. Rimasi a fissare il celluare per qualche minuto.
"E' strano", pensai. 
Ricordavo benissimo l'ultima volta che ci eravamo visti. Ricordavo molto bene come l'avevo salutata.
"Per qualsiasi cosa ti serva; in qualsiasi momento... se ti dovesse servire aiuto... Cercami!"
Doveva essere passato un anno e mezzo da allora, senza che nessuno dei due si fosse più fatto vivo con l'altro. Se era passata da me, se era venuta a cercarmi a casa, doveva essere successo qualcosa di importante. Ripensandoci, da quando ci eravamo visti l'ultima volta io avevo anche cambiato casa e non mi sembrava di averle comunicato il nuovo indirizzo. Mi ero spostato di poche centinaia di metri, comunque non poteva aver trovato il mio indirizzo senza che qualcuno glielo avesse comunicato. Allora provai a telefonare a mia madre. Forse era stata lei a darle l'indirizzo.
"Ciao Mamma. Buona serata, come va?..."
Provai a girarle attorno senza chiederle esplicitamente di Gloria. Ma capiìì che non aveva comunicato a nessuno ultimamente il mio nuovo indirizzo.
Ripresi il vecchio cellulare in mano.
Non sapevo cosa fare.
"Se solo fossi riuscito ad essere a casa prima". 
Mi stavo contorcendo nei miei pensieri, nei ricordi, in ricostruzioni di impossibili passati. Ad un tratto pensai che forse mi poteva aver cercato via e.mail o magari su facebook. Accesi il tablet. Controllai le caselle di posta, ma nessun nuovo messaggio di Gloria. Mi fermai però a leggere qualche messaggio vecchio inviato a Gloria o ricevuto da lei. Erano sulla casella hotmail che ormai usavo solo per iscirizioni varie e dove ricevevo solo junk mail. Le rileggevo come ripercorrendo gli stessi passi fatti un tempo su un percorso dove avevo lasciato le mie impronte. E come allora riprovai le stesse sensazioni di gioia ma anche di dolore e di delusione. 
Andai su Facebook, ma non trovai nessuna richiesta di amicizia o messaggio da parte di Gloria. In passato l'avevo cercata sul social network e sapevo che era iscritta, ma ne io ne lei avevamo chiesto l'amicizia all'altro. 
Ripresi il cellulare in mano.
"Perchè non chiami?", mi chiesi mentre passavo nervosamente le dita sulla tastiera.
"Perchè non la chiamo?". Forse perchè semplicemente non volevo chiamarla, o forse desideravo fortemente che mi chiamasse lei.
Andai nella rubrica. Cercai il suo nome e feci partire la chiamata. Ma neanche feci in tempo a prendere la linea che riattaccai. Feci così per tre volte. Qualcosa mi frenava. Non riuscivo a chiamare.
Passai un po' di tempo sdraiato sul divano contemplando lo schermo del cellulare. Erano ormai già le dieci di sera, piuttosto tardi per chiamare. Ad un tratto decisi che non potevo stare fermo con le mie masturbazioni mentali. Chiamai.
Il telefono fece cinque o sei squilli, prima che una voce dall'altra parte rispondesse.
"Marco! Che sorpresa! ", fece Gloria. "Che succede?" , aggiunse.
"Ciao Gloria. No non è successo niente... solo..."
"Solo?..."
"Eh... ti ho visto stasera.... Cioè... ero in dubbio se chiamarti, ma alla fine ho pensato che era giusto così. Dimmi tutto."
"A proposito di cosa?"
"Dimmi tu."
"No scusa, Marco. Mi chiami di sera, alle dieci passate e mi chiedi di dirti io qualche cosa?"
"Scusa Gloria. Ho avuto una giornata pesante. Non sai poi che fine serata. Sai se non ci fossero stati una serie di contrattempi mi avresti trovato a casa. Ti ho vista da lontano mentre eri al mio portone.  Stavi citofonando,  mi hai mancato per poco. Ho anche corso per raggiungerti ma ormai eri già salita in macchina..."
"Marco, ma stai bene?"
"Si, cioè no... sono un po' affaticato e preoccupato per te"
"Marco io non sono stata a casa tua, ti stai sbagliando."
"Non sei...?"
"Ti assicuro di no"
"Io... Io...", non sapevo più cosa dire.
"Che matto che sei... Comunque mi fa piacere sentirti di nuovo dopo tutto questo tempo. Dai, raccontami qualcosa di te.."
"No. Scusa per l'equivoco. Meglio di no. Scusa anche per l'ora, non avrei dovuto disturbarti. Un abbraccio. Buonanotte".
"Buonanotte. Richiamami quando ti va."


lunedì 9 settembre 2013

Un giorno di settembre


Un giorno di settembre, il mese azzurro,

tranquillo sotto un giovane susino,

io tenni l'amor mio pallido e quieto

tra le mie braccia come un dolce sogno.



E su di noi nel bel cielo d'estate

c'era una nube che io mirai a lungo.

Bianchissima nell'alto si perdeva

e quando riguardai era sparita.



(B. Brecht)

lunedì 19 agosto 2013

La scorsa notte ho fatto un sogno

La scorsa notte mi è apparso in sogno Syd Barret. Capellone come in The Madcap Laughs, non calvo come era diventato negli ultimi tempi.
Mi ha chiesto da bere. Gli ho detto che nel frigo c'era della coca cola, ma lui ha risposto che gli fa acidità. Ha aperto il frigorifero, si è preso una birra gelata ed è venuto verso di me. Mi sono un attimo agitato, poi lui ha detto:
- Tranquillo... vorrei solo farti una domanda.
- Dimmi.
- Negli spaghetti aglio e olio, il peperoncino voi italiani, lo mettete quando fate il soffritto o dopo?


lunedì 22 luglio 2013

'Na meteora.

Questa mattina entro in un bar. Anzi no. Non entro in "UN" bar. Entro nel solito bar dove sono solito fare colazione con tutta calma. Mi alzo presto la mattina prendo un actimel, mi faccio la doccia, mi vesto e esco. Tutte le mattine. Esco alle sei di mattina. Potrei uscire più tardi, ma mi piace fare le cose con calma e in particolare mi piace fare colazione nel bar di via Pietro Rosa, dove oltre a bere un cappuccino delizioso e a gustare un cornetto fragrante ascolto sempre qualche minuto di buona musica. Il bar non ha caso si chiama Rock Cafè. Ormai sono anni che prima di partire per andare in ufficio mi fermo una ventina di minuti a fare colazione rilassandomi al solito tavolino. Questa mattina invece non ho potuto sedermi al mio tavolo preferito situato proprio in posizione perfetta per godere della acustica del bar. Due tipi sulla sessantina, forse 65 anni, vestiti di tutto punto, giacca e cravatta, avevano già preso possesso della mia postazione da colazione rock. Non li avevo mai notati nel bar, non sono frequentatori abituali. Mi siedo al tavolo affianco. Second best, direbbe un economista. Il cameriere appena mi vede mi porta il mio solito. Ormai neanche me lo chiede più. Cappuccino, cornetto ed un bicchiere d'acqua. Mentre faccio colazione i due discutono di affari loro. Non posso fare a meno di ascoltare, anche perchè dalle casse arriva la musica del Boss che io, per la verità, per quanto amante del Rock, non ho mai granchè apprezzato. Parlano di eredità, capisco che una loro sorella più anziana, zitella deve aver lasciato loro un bel gruzzoletto. Mi gusto il cornetto. Non lo intingo nel cappuccino per pudore, però alterno un paio di mozzichi a un sorso e così mischio il sapore del croissant con quello del latte e caffè. Delizioso!
Ad un tratto un urlo irrompe nel locale. "AAAAAAAAAAAAAH...."
E' l'attacco di Another Brick in the Wall pt. II. La colazione assume un gusto del tutto particolare. E' come se un ingrediente in più si mescolasse al cornetto e al cappuccino. Sono in estasi. Ma il momento idilliaco si interrompe a causa del commento che sento provenire dai miei due usurpatori di tavolo. Uno fa all'altro:
"Oh, te ricordi sta canzone..."
"Eccome no..."
"Oh questi hanno fatto sta canzone e poi nun se so più sentiti, eh..."
" Hanno fatto i sordi co sto disco... 'na meteora..."

Mi va per traverso il cappuccino, quasi mi strozzo. Vomito tutto sul tavolino. Mi alzo velocemente e esco dal locale. Neanche pago il conto. Il cameriere oggi non si becca nenache i miei soliti venti centesimi di mancia. 
Scappo via e mi infilo velocemente in macchina.

Penso che domenica prossima per un posto allo stadio Olimpico ho pagato oltre cento euro per un biglietto di THE WALL. 
"'Na meteora".